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Lo studio vuole saggiare la fecondità di un'analisi simbolica applicata al Libro di Giobbe. L'ouverture di Gb 3 e i discorsi di jhwh, preceduti dalia prolessi lirica di Gb 28, sono gli estremi di un fecondo tragitto simbolico. Negli interventi di Giobbe, come nelle parole degli amici, si ha infatti predominanza del Regime diurno: il giorno fagocitato dalla notte (Giobbe) come la notte illuminata dal principio solare della retribuzione (gli amici) producono strutture simboliche analoghe, sebbene conducano poi a interpretazioni opposte del "caso Giobbe". La dinamica simbolica sfocia nella hokmà, un simbolo emblematico del Regime notturno. L'uomo non trova la hokmà come un oggetto tra gli altri; egli la scopre solo se percepisce di essere simbolo in dialogo con il Creatore. Questa scoperta conduce il protagonista del dramma a "dire Dio" in modo nuovo: Dio rimane Dio malgrado "polvere e cenere" (cf 42,6), e la vita di Giobbe è una notte, nel cui grembo il sole percorre un viaggio misterioso, prima di approdare a una nuova aurora.